Lunedì 19 luglio 1943, alle 11.13, ebbe inizio l’”Operazione Crosspoint” e Roma fu bombardata dalle forze aeree statunitensi e britanniche. Sulla città furono sganciate più di 9.000 bombe dirette verso obiettivi prestabiliti: gli scali ferroviari dei quartieri popolari di San Lorenzo, Pigneto e Torpignattara, causando la morte di 1.700 civili e il ferimento di oltre 4.000 persone.

L’attacco fu inaspettato poiché in pochi pensavano che la città sarebbe stata bombardata, sia per la presenza di innumerevoli siti e beni archeologici e artistici, sia della Città del Vaticano. In realtà già da tempo era stata maturata l’idea di colpirla, allo scopo di affrettare la caduta di Mussolini e l’allontanamento dell’Italia dalla Germania, determinando così la fine della guerra.  

I comandanti dell’esercito inglese pensarono subito di attaccare palazzo Venezia e Villa Torlonia, così da avere la certezza di uccidere il Duce, risparmiando il Centro, i suoi monumenti e soprattutto il Vaticano. 

Dopo meno di un mese la città fu bombardata nuovamente e il 14 agosto dichiarata “Città Aperta” e quindi demilitarizzata. 

Nel corso dei mesi gli attacchi aerei si fecero sempre più frequenti, fino a divenire spesso giornalieri, per un totale di 51 bombardamenti, l’ultimo dei quali, il 3 maggio 1944, colpì i quartieri della Magliana e del Quadraro. Il 4 giugno 1944 la città fu definitivamente liberata. 

 

Da questa mattanza non uscirono certo illesi splendidi monumenti e edifici come la basilica di San Lorenzo fuori le mura, gravemente colpita durante il primo bombardamento alleato e ricostruita con il materiale originale nel 1948, mentre non fu possibile recuperare gli affreschi della parte superiore della facciata. 

Gli ordigni non risparmiarono nemmeno il cimitero del Verano, il sepolcro romano dei Pomponia, l’istituto farmaceutico Serono al Pigneto e le vetrate della teca dell’Ara Pacis, rimosse e custodite in un edificio del quartiere. 

A ricordare questa tragedia restano interi quartieri e musei, primo tra tutti il Ghetto ebraico, la zona dove la comunità ebraica romana visse dalla promulgazione delle leggi razziali del 1938 fino al rastrellamento e deportazione del 16 ottobre 1943, dopo i nove mesi di occupazione tedesca. Passeggiando per le strade davanti ai portoni delle case si notano le cosiddette “pietre d’inciampo”, targhette commemorative delle vittime del genocidio che lì erano vissute. 

Custode e testimone di una delle pagine più dolorose della storia italiana è il Mausoleo delle Fosse Ardeatine, eretto per ricordare i 335 uomini, scelti a caso tra i detenuti delle prigioni di Via Tasso e del carcere Regina Coeli, uccisi per mano dei tedeschi il 24 marzo 1944. 

All’indomani della Liberazione il comune di Roma decise di indire un bando di concorso per erigere sul luogo della vendetta tedesca un monumento commemorativo dei martiri e di tutti i caduti.

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