Il carcere Mamertino, noto in epoca romana con il nome di Tullianum – forse per la presenza di una fonte (tellus) – fu la prima e più antica prigione della città, costruita secondo Livio dal re Anco Marzio nel VII secolo a.C.

L’edificio, situato al Clivio Argentario, sotto la Chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami, sorgeva su una posizione strategica: posto davanti al Foro era un chiaro simbolo dell’implacabile giustizia di Roma contro i suoi nemici. 

L’attuale facciata in travertino, risalente al 40 a.C. circa, come indicato da un’iscrizione sulla cornice recante i nomi dei consoli Caio Vibio Rufino e Marco Cocceio Nerva, ne nasconde una più antica in tufo di Grotta Oscura. 

L’ingresso originario alla struttura era attraverso una porticina collocata sulla parete destra, ora murata, che conduceva alle cosiddette Lautumiae, degli ambienti ricavati entro antiche cave di tufo. 

All’interno l’edificio, si componeva di due piani sovrapposti di grotte scavate alle pendici meridionali del Campidoglio: uno più profondo, il Tullianum risalente all’VIII-VII secolo a.C. e il livello superiore, il cosiddetto Carcer, di età repubblicana.

 

 

Il primo era un ambiente di forma circolare realizzato in opera quadrata con blocchi di peperino, le cui dimensioni fecero supporre che originariamente fosse una fontana monumentale costruita intorno ad una fonte considerata sacra. Qui venivano rinchiusi i prigionieri di Stato, capi di popolazioni nemiche e rivoltosi.

Il Carcer, più volte ristrutturato in epoca repubblicana e agli inizi dell’Impero, era uno spazio di pianta trapezoidale coperto da una volta a botte e costruito con blocchi di tufo rosso (detto “dell’Aniene”) e giallo (detto di “Grotta Oscura”). Entrambi gli ambienti sono decorati da lapidi, statue, altari e affreschi databili all’VIII secolo. 

Molti furono i personaggi storici che qui trovarono la morte, per strangolamento o decapitazione, tra i quali si ricordano Giugurta, re di Numidia (104 a.C.), i Catilinari (60 a.C.) e i partigiani di Gaio Gracco (123 a.C.).

Seconda la tradizione nel Mamertino furono rinchiusi anche i Santi Pietro e Paolo i quali avrebberobattezzato i propri carcerieri, Processo e Martiniano, facendo scaturire miracolosamente una polla d’acqua proveniente da una sorgente che sgorgava dal sottosuolo (ciò ha fatto supporre che l’ambiente circolare inferiore fosse in origine una cisterna trasformata successivamente in carcere). Testimoniano la costanza del culto per San Pietro gli affreschi, uno dei quali rappresenta Gesù che poggia le mani sulle spalle dell’apostolo che lo guarda sorridendo.

 

 

Quando la prigione perse la sua funzione di detenzione, intorno all’VIII secolo, fu trasformata in un luogo di fede e i due livelli di cui si componeva furono trasformati in cappelle. 

Le fonti parlano della trasformazione della cella più bassa nella chiesa di S. Pietro in Carcere nel IV secolo per volere di papa Silvestro I.

Nel 1540 la Congregazione dei Falegnami prese in affitto l’edificio e nel 1597, data l’inadeguatezza della struttura, avviò i lavori di costruzione di una nuova basilica, dedicata al loro patrono San Giuseppe, ultimati nel 1663.

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