Le numerose catacombe di Roma iniziano a svilupparsi nel II secolo, quando i cristiani avvertirono la necessità di avere delle sepolture separate da quelle pagane. In realtà questi luoghi, che si sviluppavano sottoterra, sfruttando addirittura la fitta rete di condotti idraulici presenti, venivano sfruttati anche come luoghi segreti per ritrovarsi a pregare in tempi di persecuzioni.

Dal III secolo in avanti, dopo l’Editto di Milano, con Costantino, le catacombe divennero luoghi di culto ancor più importanti, legati soprattutto ai martiri. A rafforzare tale ritualità fu papa Damaso che stabilì e promosse i famosi “itinerari damasiani”, veri  e propri pellegrinaggi all’interno dei cunicoli catacombali sino alle tombe dei santi martiri. Le catacombe erano composte da una fitta rete di corridoi con due strutture principali: a graticola e a spina di pesce, nei quali si trovavano le varie tombe e le varie stanze dedicate alle sepolture dei martiri. Esse risultano essere molto importanti anche perché conservano testimonianze iconografiche di grande rilievo e pregio.

Ad esempio, nelle catacombe di Priscilla, sulla via Salaria, è possibile ammirare la raffigurazione più antica che si conosca di una Natività, ma molto particolare. In essa, infatti compaiono Maria con in braccio il Bambino e accanto una figura maschile (un profeta) con in mano un rotolo e nell’atto di indicare la stella cometa. Questa particolare immagine trova fondamento nel libro dei Numeri, relativamente alla nota profezia di Balaam.

 

 

Sempre in questo luogo è presente il “cubiculo della velata”, in cui è raffigurata una donna con capo coperto, nell’atteggiamento dell’orante, figura che i cristiani mutuano dalla cultura pagana, circondata da varie altre figure e sormontata da un pavone, simbolo di immortalità. Nello stesso cubiculo è possibile ammirare l’immagine di Giona e del mostro marino, chiarissimo richiamo al concetto di resurrezione.

Nelle catacombe di Commodilla, invece, è possibile ammirare una suggestiva immagine di Cristo pantocratore, relativa all’iconografia post concilio di Efeso (431) e la nota scritta in volgare “Non dicere ille secrita a bboce” che voleva dire “non pronunciare le parole segrete ad alta voce”, probabilmente riferite alle parole che il sacerdote pronuncia durante la celebrazione eucaristica a voce bassa e che non sono rivolte direttamente all’assemblea.

Tra le più note catacombe di Roma sono da citare quelle di Pietro e Marcellino, di Domitilla, di San Sebastiano, di Sant’Agnese, di Santa Tecla, di San Callisto e di San Pancrazio. 

 

 

 

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