Tra piazza Albania e le Mura Aureliane, sorge il rione di San Saba che prende nome dalla chiesa omonima, consacrata ad un religioso originario della Cappadocia e costruita sui resti di un antichissimo oratorio dedicato a santa Silvia, madre del papa Gregorio Magno.

Alla guida di questo edificio sacro si alternarono, nel corso dei secoli, importanti ordini monastici, alcuni dei quali furono promotori di importanti interventi: nel X secolo i Benedettini ricostruirono la chiesa conferendole l’aspetto attuale, mentre agli inizi del ‘200 i Cluniacensi si occuparono di avviare campagne di restauro. Altri lavori furono avviati nel 1465 ad opera del Cardinale Francesco Piccolomini. Gli ultimi progetti di restauro si possono ricondurre al 1943.

 

 

Le origini del complesso vengono fatte risalire al VII secolo quando un gruppo di monaci provenienti dalla Giudea, travagliata dalle guerre e dall’espansione islamica, vi si insediò istituendo un monastero.

Ben presto il complesso monastico acquisì fama e prestigio, grazie all’importante importante ruolo diplomatico che acquisì, fungendo da luogo di tramite con la chiesa d’Oriente.

A partire dai primi del ‘900 i Gesuiti – che ancora oggi ne conservano la direzione – si posero a capo della comunità poi trasformatasi in parrocchia.

L’accesso al complesso avviene attraverso una scalinata che conduce a un cortile e a un portico, in cui sono conservati reperti provenienti sia all'antico complesso di San Saba che alla circostante zona archeologica. Al di sopra di questo porticato si apre una struttura in laterizio scandita da finestre, alcune delle quali sono state chiuse tramite tamponatura.

L’ingresso dell’edificio è caratterizzato da un portale incorniciato da marmi cosmateschi a formare dei motivi geometrici. All’interno la pianta riprende quella tipica delle chiese paleocristiane: divisa in tre navate ciascuna con un’abside, scandite da colonne molto antiche che terminano con capitelli corinzi e ionici.

 

 

 

Particolarmente curiosa è la presenza, sul lato sinistro, di una quarta navata, più piccola delle altre e divisa da tre colonne, che ospita affreschi databili al XIII e XIV secolo.

In uno di questi è narrato un episodio della storia di San Nicola. Il santo, venuto a sapere di una triste vicenda che coinvolgeva tre fanciulle costrette dal padre a prostituirsi, poiché preoccupato di non poter provvedere alla dote necessaria per far contrarre alle figlie un buon matrimonio, intervenne, nel cuore della notte, lasciando scivolare dalle finestre dell’abitazione dell’uomo tre sacchetti di monete d’oro.

Le altre pitture murali conservate all’interno della chiesa si collocano in corrispondenza dell’abside, un tempo decorata a mosaico: L’Annunciazione, realizzata nel 1463 e posta sopra l’arco trionfale, e subito sotto una Crocifissione fra la Vergine e S. Giovanni, databile al XIV secolo.

Alcuni frammenti di pitture murali, staccate nel corso dei secoli e provenienti dall’antico oratorio, sono conservati nei locali a destra della chiesa, corrispondenti alla vecchia sacrestia.

Altri elementi degni di nota sono il soffitto a capriate lignee che sovrasta la navata centrale, il pavimento cosmatesco con cinque dischi di marmi policromi, realizzato durante l’insediamento cluniacense, e la cattedra episcopale.

 

 

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