A Roma, apre un nuovo museo archeologico, il Museo Ninfeo di Piazza Vittorio, grazie alla collaborazione tra la Sovrintendenza Capitolina e l’Enpam (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri). 

Questa sede espositiva si erge laddove un tempo sorgevano i cosiddetti Horti Lamiani, gli splendidi giardini, situati sulla sommità del Colle Esquilino, che in età preistorica erano stati destinati a luogo di sepoltura e nel corso dei secoli oggetto di numerose trasformazioni da parte degli imperatori: sotto Tiberio entrarono a far parte del demanio imperiale e poi furono convertiti in una sontuosa residenza privata ad uso di Caligola. 

Di questa lunga evoluzione – dall’età giulio-claudia a quella serviana – offre una preziosa testimonianza l’esposizione permanente del museo, costituita da circa 100.000 oggetti (divisi in 13 sezioni), rinvenuti in occasione di una campagna di scavo, condotta a più riprese dal 2006 al 2015. I lavori hanno permesso di ricostruire, attraverso i reperti rinvenuti, l’aspetto originario delle architetture monumentali e le loro decorazioni, le rotte commerciali e persino le abitudini alimentari dei ricchi abitanti. 

 

 

I ritrovamenti più antichi e importanti risalgono alla seconda metà del I secolo a.C., quando Gaio Clinio Mecenate fece bonificare l’area dell’Esquilino dando avvio alla costruzione delle residenze di molti esponenti della nuova aristocrazia, tra cui Lucio Elio Lamia. Risalgono a questo periodo una scala ricurva in marmo, numerosi affreschi e molti materiali di uso quotidiano, tra i quali spicca un impianto idrico sui cui tubi era stato impresso il nome dell’imperatore Claudio. 

 

 

 

 

 

 

Alla fine del II secolo a.C. risale una monumentale struttura architettonica, fatta risalire ad Alessandro Severo, costituita da un’aula senza copertura con pareti lastricate di marmi pregiati e un’ampia piazza, ornata da una fontana ninfeo ancora esistente, dedicata alla meditazione e all’ozio solitario del princeps. 

Degni di nota sono anche gli oggetti legati alla vita quotidiana (stoviglie, vasellame, pentole, bicchieri), reperti vegetali che offrono un’immagine della sontuosità dei giardini nelle varie epoche con piantumazioni in terra e in vaso, e reperti animali, conservati in cassetti a disposizione dei visitatori, che constano di ossa di leone, di cerbiatto, denti di orso e un’ampia varietà di frammenti di fauna marina che testimoniano gli usi alimentari dei romani.  

Tra i tanti oggetti risalenti ad un arco temporale che si estende dal I secolo a.C. al V secolo d.C. spicca la stele elettronica sulla quale sono stati riportati i nomi di tutti i medici che hanno perso la vita combattendo con il Covid-19, visibile percorrendo le scale d’accesso all’area archeologica. 

 

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