Il Mausoleo di Cecilia Metella è uno dei luoghi simbolo dell’Antica Appia. Questo monumento funerario, dedicato alla figlia di Quinto Cecilio Metello Cretico (conquistatore di Creta) e moglie di Crasso e costruito tra il 30 e il 20 a.C., è costituito da un basamento quadrato su cui poggia un corpo cilindrico, decorato alla sommità da un fregio a rilievo con scudi gallici, festoni e bucrani – dai quali nacque il toponimo “Capo di Bove”, con il quale veniva qualificato il sito nel Medioevo – e coperto da una struttura di forma conica.

Internamente la tomba era costituita da un’unica camera sepolcrale di forma conica, rivestita di laterizi e coperta da una volta con un oculus al centro. Qui era custodita l’urna contente le ceneri della ricca matrona romana.

 

 

Nell’XI secolo il sepolcro, divenuto possesso dei Conti di Tuscolo, venne annesso ad un castello. Fu poi nel 1299 ad opera della famiglia Caetani che il monumento fu integrato in un vero e proprio borgo fortificato, il Castrum Caetani. Si trattava di un palazzetto a tre piani in peperino che si estendeva su ambedue i lati della Via Appia; una posizione strategica per esercitare un perfetto controllo dei traffici in entrata e in uscita.

La proprietà passò poi ai Savelli, ai Colonna, agli Orsini e nel 1435 divenne un bene del Senato Romano.

La struttura subì i danni più gravi quando papa Urbano VIII ordinò a Bernini di demolire la tomba di Cecilia Metella per completare la costruzione della fontana di Trevi, progetto poi tramontato per via delle numerose proteste cittadine. Fu nel Cinquecento che il complesso venne definitivamente abbandonato e in parte demolito per volere di papa Sisto V.

Di fronte al palazzo si erge la Chiesa di San Nicola, esempio di architettura gotica che ricorda l’ambiente delle abbazie cistercensi, fatta erigere da Bonifacio VIII, consacrata nel 1303 quale parrocchia del Castrum Caetani e caratterizzata da una navata unica che termina in un’ampia abside.

Dell’originario edificio di culto oggi restano solo dei ruderi, ossia i muri perimetrali e il campanile a vela che domina la facciata, priva di decorazioni, sul lato sinistro. La struttura è costituita da blocchi di peperino, una tecnica edilizia particolarmente diffusa tra il XII e il XIV secolo, nota come “opera saracinesca” e utilizzata anche nel Palazzo Caetani.

 

 

L’intero complesso era delimitato da un muro di cinta rettangolare lungo oltre 200 m e largo circa 100, entro il quale c’erano circa cinquanta case, due chiese, orti e terreni collegati tra loro da un reticolo di strade.

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