A Roma, in piazza Sant’Apollinaire, sorge Palazzo Altemps, una sontuosa dimora aristocratica costruita per volere di Girolamo Riario, signore di Imola e ambizioso nipote di Sisto IV, nel corso del XV secolo. L’edificio inglobò una serie di fabbricati preesistenti di epoca medievale, dei quali resta traccia nelle fondazioni di una torre risalente al XII secolo. 

Nel 1511 Francesco Soderini, cardinale di Volterra, subentrò quale proprietario e affidò i lavori di ampliamento prima ad Antonio da Sangallo e poi a Baldassarre Peruzzi, ai quali si deve il primo progetto del cortile che circonda l’edificio. 

Il palazzo fu sede diplomatica fino al 1568, quando fu acquistato dal cardinale Marco Sittico Altemps, il quale commissionò ai più famosi artisti del tempo il completamento dei lavori di costruzione del complesso e la realizzazione di diversi cicli pittorici che decoravano le sale, rese adatte a ospitare la sua magnifica collezione di antichità e la nutrita raccolta libraria. 

A questo periodo risale la realizzazione di elementi caratteristici e rappresentativi del gusto altempsiano: l’altana panoramica, le pitture del piano nobile, il salone grande con il camino, la loggia dipinta, la Chiesa di Sant’Aniceto – celebre perché lì si celebrò il matrimonio tra Maria Hardouin e D’Annunzio – e gli affreschi della Sala delle Prospettive Dipinte. 

 

 

 

Fino alla metà dell’Ottocento il palazzo rimase di proprietà della ricca famiglia Altemps, passando poi in eredità a Giulio Hardouin, futuro suocero di Gabriele D’Annunzio. Alla fine del secolo l’edificio fu venduto alla Santa Sede e concesso in uso, fino al 1969, al Pontificio Collegio Spagnolo. 

Nel 1982 il fabbricato venne acquisito dallo Stato italiano che, dopo una lunga e rigorosa campagna di restauro promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, affidò al Museo Nazionale Romano e l'Area Archeologica di Roma il compito di decretarne l’apertura al pubblico nel dicembre 1997. Da allora il palazzo ospita una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano, insieme a Palazzo Massimo, alle Terme di Diocleziano e alla Crypta Balbi.

Il percorso di visita, su due piani, mostra una successione di ambienti nei quali è evidente l’intento del museo di istituire un confronto tra collezionismo cinque-seicentesco e novecentesco, attraverso l’esposizione di marmi e rilievi appartenenti a famose collezioni nobiliari – tra queste ricordiamo quella Boncompagni Ludovisi, Mattei, Del Drago e Brancaccio – una raccolta egizia, affreschi e opere d’arte provenienti da rinvenimenti occasionali o recuperate sul mercato antiquario, ai quali si aggiunge l’innumerabile raccolta archeologica dell’eccentrico collezionista novecentesco Evan Gorga, esposta al pubblico solo dal 2013.

Tra i grandi capolavori spiccano il Trono Ludovisi, il gruppo scultoreo del Galata suicida e il sarcofago raffigurante scene di battaglia, noto come Grande Ludovisi.  

 

 

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