Nel 1915 circa la Società anonima edilizia Moderna mise in cantiere un complesso nuovo di caseggiati da costruire a Roma in una zona tra i quartieri Salario e Trieste al limite dei Parioli.

Venne scelto come architetto Gino Coppedè fiorentino, brillante personalità che si relazionò per la prima volta a roma con un tema impegnativo.

                 

Roma era la città dei papi e il suo assetto non era molto diverso a livello urbanistico rispetto a quello dell'epoca barocca.

In occasione dell'Esposizione universale di Roma del 1911 la città si presentò in una nuova veste, quella di capitale. Tra i grandi edifici spicca la mole del Vittoriano, il Policlinico Umberto I e il Palazzo delle esposizioni, la Galleria NAZIONALE DI ARTE MODERNA e il PALAZZO DI GIUSTIZIA.

Tutti edifici che tendevano ad impressionare  il pubblico utilizzando forme pesanti piuttosto che mediare con l'armonia delle varie parti. Alcuni progetti non furono conclusi per la data prevista come ad esempio Palazzo Montecitorio, o il Ministero della Marina.

Nel 1909 ci fu il primo piano regolatore che tenne conto della conformazione e dell'altezza degli edifici e portava il nome di Bonfiglietti. Si stabilì ad esempio che i fabbricati non avrebbero dovuto superare i 24 metri e i villini al massimo sarebbero dovuti essere di due piani. 

Si configurò così la tipologia edilizia che caratterizzò il momento Liberty della capitale anche se risalgono già all'inizio del secolo alcuni villini come quello Ximenes o il Cagiati. 

Il problema sostanziale della città era introdurre uno stile con forte impatto visivo nel tessuto urbano preesistente; il Liberty sarà un'esperienza vissuta in ritardo rispetto al resto d'Europa e la sua prima introduzione risale agli 80 dell'800 con la permanenza a Roma dell'architetto Edmund Street. 

Riuscì ad importare nella capitale prodotti del movimento Arts & Crafts nella chiesa di Sanit Paul's , su disegno di Williamo Morris e del pittore Burne-Jones, ma non ebbero impatto sulle forme ufficiali.

L'originalità delle opere romane di architetti come Basile, Coppedè e Sommaruga, deriva dal fatto che evbbero modo di sperimentare in altre città in contesti meno forzati dall'architettura preesistente.

IL PROGETTO

La fase di progettazione del Quartiere Coppedè dovrebbe risalire al 1915 quando viene incaricato da parte dei finanzieri Cerruti che costituiranno la società Anonima Cooperativa Moderna . Su una delle colonne dell'arcone di ingresso al Quartiere è impressa la data del 1921 ed è riferibile alla data di ultimazione dei cosi detti Palazzi degli Ambasciatori, infatti alla morte di Coppedé nel 1927 alcuni villini saranno terminati da Paolo Emilio Andrè. Inizialmente si prevedevano 18 palazzi e 27 villini ma poi si ridimensionò notevolmente il progetto.

All'ingresso del quartiere l'attenzione cade sull'arcone che accoglie il visitatore e lo introduce in un contesto più intimo che ricorda molto una piccola città e il pensiero va a Firenze; sulla piazza Mincio c'è la centrale Fonatna delle Rane un omaggio alle fontane romane e in particolare a quelle del Bernini. Dalla piazza partono tre vie che portano a tre blocchi di caseggiati, sulla destra domina il Caseggiato del Ragno (dall'immagine di aracnide sopra il portone di ingresso). 

L'opera forse meglio riuscita sono i Villini delle Fate, castelletti ridotti che ne hanno determinato il nome e che probabilmente rappresentano la vena più originale dell'autore.

Lungo Via Brenta e via Ombrone troviamo una serie di villini simili a quelli delle fate ma terminati da Paolo Emilio Andrè. 

Mentre per l'esterno il materiale utilizzato doveva essere il travertino, gli interni erano di molteplici materiali: maioliche smaltate, parquet e mosaici pompeiani per i bagni.  Tutte le abitazioni erano dotate di ascensore collegato con il garage e le rifiniture comprendevano la caldaia a gas in rame per la cucina, l'acquaio in marmo, affreschi e vetrate colorate per le pareti.

 

Durata della visita guidata: 1 h.

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