Tra le grandi pittrici che la storia dell’arte annoveri, non si può non trattare Artemisia Gentileschi, valentissima artista e donna di enorme coraggio e modernità. Nata a Roma l'8 luglio 1593, figlia del caravaggista Orazio, si forma nella bottega paterna, mostrando valentia e talento sin da piccola. Perde la madre in tenera età e questo la porta a vivere costantemente con la figura paterna. Forse, proprio in questo periodo nasce l’amore per l’arte pittorica.

 

Giovanissima, Artemisia vive un episodio doloroso per una donna, che le cambierà la vita, ma che le darà modo di lottare per se stessa contro il torto subito e riscattare la sua immagine di persona indipendente e forte che si ribella al sopruso maschile e ad una società retrograda e sessista.

A soli 18 anni, viene insidiata dal pittore Agostino Tassi, uomo di dubbia moralità, presso il cui studio la giovane stava perfezionando la sua formazione. Questi la stuprò e rifiutò il matrimonio riparatore. Così Artemisia lo denunciò alle autorità. Iniziò un lungo e estenuante processo che vide la giovane sottoposta alla situazioni più umilianti, come visite ginecologiche pubbliche e la famigerata “tortura della sibilla”, che consisteva nello stritolamento delle dita fino ad ottenere la confessione da chi la subiva. La vicenda si concluse con l’accertamento della violenza e la condanna del Tassi, che però non scontò nemmeno un giorno della pena inflitta. Poco dopo il processo, Artemisia contrasse matrimonio con un pittore di nome Pierantonio Stiattesi, nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia, attigua alla Basilica di San Pietro e si trasferì a Firenze. Qui iniziò una nuova fase della sua vita e della sua carriera che la pose dinnanzi a scelte difficili: la famiglia o la pittura? Scelse ciò che amava da sempre e per la quale oggi è nota: i suoi dipinto meravigliosi e ricchi di enfasi. Di matrice caravaggista, l’artista coglie appieno il pathos estremo delle figure che rende vive sulla tela, soprattutto quelle di matrice femminile. Le sue donne (sante, eroine bibliche, personaggi storici) sono figure energiche, decise e spesso anche sofferenti. Il suo forte realismo e la verve rappresentativa hanno fatto spesso pensare alla sua vita di donna, dolorosa e difficile.  

 

 

Esempio ne sono la Giuditta che decapita Oloferne presso gli Uffizi, Susanna e i vecchioni presso la Collezione Graf von Schönborn a Pommersfelden, in Germania, Giaele e Sisara, presso il Museo di Belle Arti di Budapest. Ma le sue opere riescono anche a raccontare la dolcezza femminile, la delicatezza. Un esempio romano è di certo la splendida Madonna col Bambino presso la Galleria Spada, opera datata tra il 1610 ed il 1611. La pittrice raffigura una scena dolcissima ed estremamente realistica, così come nello stile del maestro Merisi, in un momento intimo e familiare. Maria, assisa su di una seggiola, tiene in braccio il Bambino che accarezza teneramente il volto materno. L’atmosfera è quella da “sacra conversazione”, silenziosa, introspettiva e spirituale al tempo stesso, ma tanto familiare. Sempre all’interno della Galleria Spada è conservata una Santa Cecilia nell’atto di suonare il liuto. Ella è raffigurata con grande naturalismo, sia nelle fattezze che nell’azione del suonare, ma il tutto è reso spirituale dallo sguardo orante della santa verso l’alto, in Gloria di Dio, come in una sorta di estasi mistica. Nei quadri di Artemisa, è custodita, dunque, non solo l’immagine sancita nella sua peculiarità, ma anche la donna e l’artista con la sua esperienza di vita , la sua grande sensibilità e la forza estrema che l’anno da sempre contraddistinta.

 

 

 

 

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